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Cattedrale di Santa Maria Assunta

in cui si venera San Sabino

Piazza Odegitria I Vicaria - 6010 - 70122
8.30-19-00 Festivi 8.00-10.00-11.15-19.00
+390805210605
cattedrale.bari@arcidiocesibaribitonto.it
committente Arcivescovo Bisanzio
INIZIO COSTRUZIONE XI secolo
USO ATTUALE Chiesa
A pochi passi dal castello normanno-svevo, la cattedrale di Santa Maria Assunta (in cui si venera San Sabino) si erge in tutta la sua imponenza in piazza dell’Odegitria, alle porte dell’area occidentale della città vecchia. Le strutture premillenarie e gli importanti reperti archeologici rinvenuti nel succorpo ipogeo ne confermano l’origine antichissima, individuata intorno al V-VI secolo. La struttura della chiesa attuale, riedificata a seguito della distruzione della città per mano del re normanno Guglielmo il Malo nel 1156, ricalca nei suoi elementi fondamentali la struttura della più celebre basilica di San Nicola. Nonostante i punti di somiglianza fra le due chiese, la cattedrale di San Sabino è l’unico edificio di culto nella città vecchia a poter vantare la presenza di un imponente campanile . Elementi architettonici appartenenti a diverse epoche storiche testimoniano le influenze (romane, paleocristiane, arabe, bizantine, normanno-sveve) assorbite nel corso del tempo dall’edificio più nobile e antico della città, sede dell’Arcivescovado e punto di riferimento della classe dirigente cittadina. L’edificio, a forma di croce con i bracci ortogonali sormontato da una cupola dal tiburio ottagonale, “se sorgesse nel Campo dei Miracoli, a Pisa […] avrebbe lo stesso stupefacente impatto ambientale, con il battistero a lato e i campanili alti a bucare il cielo” (Nino Lavermicocca). In via Dottula, sul lato destro dell’edificio, sorge il Palazzo Arcivescovile (ora Museo Diocesano), nel quale sono contenuti gli oggetti più preziosi della millenaria storia di questo gioiello dell’architettura romanica. I tre Exultet, rotoli miniati esposti e srotolati dall’ambone durante il rito pasquale, rappresentano le opere di maggior pregio.
INIZIO COSTRUZIONE XI secolo
CONSACRAZIONE 10 aprile 1292
committente Arcivescovo Bisanzio
La chiesa venne fondata nel V secolo, probabilmente per la venerazione di un’icona della Madonna. Subì una serie di ristrutturazioni e restauri già nel primo periodo della sua storia, fino al 1034, anno in cui l’arcivescovo Bisanzio ordinò il suo abbattimento per ricostruire una chiesa del tutto nuova. Nel corso di questa ricostruzione, continuata sotto la direzione degli arcivescovi Nicola e Andrea, furono inseriti i preziosi arredi interni di cui oggi non rimane quasi più traccia. Pare che durante il successivo restauro cominciato nel 1091 siano state ritrovate le spoglie di San Sabino, secondo patrono della città. L’evento certamente più significativo della storia di questo edificio sono i gravi danni subiti nel 1156 a opera del re normanno Guglielmo il Malo, il quale aveva ordinato la distruzione dell’intera città. Rimase in abbandono per diversi decenni fino ai lavori di ripristino ordinati dall’arcivescovo Rainaldo nel 1171 e continuati con i suoi successori. La cattedrale, nella sua struttura di base del tutto simile a quella che conosciamo oggi, venne consacrata quasi un secolo dopo la sua distruzione dal vescovo di Palermo Berardo Costa, e successivamente riconsacrata nel 1292 dopo il rovinoso terremoto del 1262 che causò gravi danni alla struttura. Con l’arcivescovo Landolfo raggiunse il culmine della sua bellezza. Lungo tutto il Seicento, nonostante i nuovi crolli che interessarono questa volta il secondo campanile, la cattedrale si arricchì di nuovi e preziosi arredi, altari, cappelle gentilizie e tesori d’ogni genere; tuttavia intorno alla metà del Settecento l’edificio versava in condizioni strutturali pessime che spinsero l’allora arcivescovo Muzio Gaeta a ordinare il rifacimento totale della chiesa in forme barocche. L’intervento, di cui rimane oggi una meravigliosa testimonianza nella cripta, fu affidato all’architetto D. Antonio Vaccaro. Alla fine del 1800 il mutamento dei gusti architettonici portò a rovinosi lavori di restauro con lo scopo di riportare la cattedrale all’antico stile romanico. I lavori, iniziati nel 1898 e conclusi nel 1954, hanno eliminato le decorazioni barocche per restituire alla chiesa un’immagine tuttavia poco somigliante all’antica struttura medievale.
STILE Romanico pugliese

Esterno

 Esterno

Il prospetto occidentale è tripartito da due lesene che incorniciano la porzione centrale cuspidata che si eleva in altezza rispetto alle due laterali coperte da falde, riproponendo in facciata la divisione in navate dell’interno. Una sequenza di archetti pensili, che poggiano su mensole con motivi vegetali, chiude la parte superiore al di sotto delle falde. Al centro della facciata si apre il portale maggiore architravato, inquadrato da due colonne in marmo con capitelli corinzi che sorreggono una cornicione aggettante. Su di essa, in asse con le colonne, sono poste le statue dei Santi Patroni Nicola e Sabino. Al centro della composizione, si apre una nicchia, inquadrata da lesene che reggono una cornice ad arco ribassato, in cui è posta la statua dell’Assunta.

Ai lati, in corrispondenza delle navate laterali, si aprono due portali, anch’essi architravati ma di dimensioni più ridotte. Sono entrambi segnati dalla presenza di due colonne che poggiano su plinti quadrangolari su cui, capitelli corinzi, reggono un timpano ad arco spezzato. Le aperture si distribuiscono simmetricamente sulla facciata: due monofore sono poste al di sopra dei portali laterali, una bifora con colonnina tortile è in asse con quello centrale, quattro monofore, due più piccole in basso e due maggiori più in alto, circondano il rosone maggiore, mentre un rosone di minori dimensione (oculo) trova alloggio nella parte alta del prospetto sotto la cuspide. Ancora due monofore sono collocate alle estremità del prospetto in posizione leggermente più alta rispetto a quelle sui portali laterali. Il grande rosone è definito nella metà superiore da una ricca cornice a grani di rosario su cui sono poggiate sculture zoomorfe e fitomorfe (acroteri). Il disegno a raggiera della parte interna risale al restauro effettuato negli anni trenta del secolo scorso che ha sostituito la precedente aperura mistilinea di gusto barocco. Infine due larghe fasce decorate sono poste in alto: la prima, interrotta dal rosone collega le parti sommitali delle falde delle coperture delle navate laterali; l’altra, più in alto, avvolge l’intero edificio su tre lati ad esclusione del transetto.

Il prospetto settentrionale è scandito da una serie di profondi arconi ciechi su cui si affacciano eleganti esaforati (aperture divise da pilastrinicostituite da sei monofore con archi a tutto sesto su colonnine e capitelli a stampella), interrotto visivamente dalla presenza della massiccia struttura della Trulla. Questo edificio fu utilizzato come battistero fino al XVII secolo, quando l'arcivescovo Ascanio Gesualdo la fece adibire a sacrestia. Superata la trulla si può vedere, in maniera molto scorciata, il prospetto settentrionale del transetto. Nella parte basamentale si leggono tre grandi archi ciechi nella cui specchiatura sono collocati ulteriori archi ciechi binati in cui si aprono in alto finestrelle quadrangolari chiuse da lastre in pietra traforate. Questa maniera di trattare le superfici murarie, molto diffusa nel linguaggio romanico, pur non avendo una precisa funzione strutturale, rende più leggera dal punto di vista visuale la compattezza della parete muraria. Nella parte superiore si posizionano due ordini di bifore e ancora più in alto, sotto i salienti della cuspide, è posto un rosone con una ricca cornice che ripropone nella fascia centrale un motivo a grani di rosario.

Il compatto prospetto est era caratterizzato anticamente dalla presenza dei due alti campanili posti alle estremità nord e sud. Quello di sinistra venne giù rovinosamente nel ‘600 a causa di un terremoto e non fu più riedificato, mentre quello di destra è stato completamente ricostruito negli anni 1948-50. La parte basamentale riprende il motivo degli archi ciechi già descritto nel prospetto settentrionale, interrotto al centro dalla presenza del finestrone absidale. Questo si caratterizza per il ricco apparato decorativo che lo incornicia con motivi a girali vegetali e dalla presenza di due mensole su cui sono posti due elefanti stilofori chereggonosulle schiene colonnineottagonali con capitelli figurati. Al di sopra dei capitelli due esseri fantastici (una sfinge a destra e un grifone a sinistra) fanno da base ad un arco con forte aggetto riccamente scolpito nell’intradosso (parte interna dell’arco). Nel prospetto si aprono altre cinque bifore disposte simmetricamente su due livelli di cui una al centro, in asse con il finestrone absidale. Il fronte orientale si caratterizza per un ultimo elemento che lega tipologicamente la fabbrica sabiniana a quella nicolaiana, vale a dire la presenza delle absidi inglobate all’interno della muratura. Al contrario di altri illustri esempi come quello di Trani, anche la Cattedrale di Bari, al pari di quella di Bitonto o di Giovinazzo, deriva direttamente dal modello della fabbrica del San Nicola dove le absidi sono nascoste dando all’edificio un carattere massiccio e compatto.

Il perimetro della Cattedrale si chiude con il prospetto meridionale, del tutto simile a quello settentrionale, con i profondi arconi ciechi, l’esaforato completamente ricostruito durante i restauri dei primi del ‘900 e il fianco del transetto su cui vanno notate le quattro mensole zoomorfe con basi di colonne stilofore del XIII secolo che sporgono ai lati delle bifore dell’ordine inferiore.

Interno

Interno

La tripartizione della facciata orientale richiama l’impianto planimetrico a tre navate dell’interno. Il transetto, inscritto nella pianta, è leggermente ruotato rispetto all’asse longitudinale delle navate forse a causa di vincoli urbani o a strutture preesistenti. Tre absidi, in asse con le navate, chiudono ad oriente l’edificio. Sedici colonne, otto per lato, separano la navata centrale dalle due laterali. Su di esse capitelli corinzi in stucco, rifatti in stile romanico durante i restauri degli anni trenta del Novecento, reggono i grandi archi a doppia ghiera al di sopra dei quali si affacciano le trifore dei finti matronei.

Le trifore dei finti matronei sono inserite in cinque arcate cieche per lato, ad esclusione delle bifore che ricadono all’interno dei semiarchi ciechi interrotti dalla parete trasversale del transetto. Al di sopra dei matronei danno luce alla navata centrale le monofore del cleristorio su cui corrono archetti pensili che reggono le capriate lignee della copertura. Al di sotto delle trifore dei matronei sono visibili le tracce delle mensole che reggevano i camminamenti in quota che correvano lungo tutto il perimetro interno della Cattedrale. Andati distrutti per far posto nel XVIII sec. all’apparato barocco, ne rimane traccia solo sulla contro facciata dove una sequenza di archetti pensili collega le due pareti laterali della navata centrale. Una scalinata recintata da una balaustra in pietra traforata immette, attraverso un ampio arco di trionfo, nella zona presbiteriale. La cupola, collocata al di sopra del presbiterio poggia su un tamburo di sedici lati che a sua volta è mediato da un ottagono con quattro cuffie emisferiche. Grazie ad esse è possibile, a livello strutturale, il passaggio al quadrato definito dai quattro arconi sottostanti che poggiano su robusti pilastri con semi colonne addossate. Le pareti del tamburo sono alleggerite da otto nicchie semicircolari che si alternano ad altrettante pareti cieche. Una cornice decorata su archetti pensili segna il passaggio dal tamburo alla cupola.

La cripta

La cripta

La cripta, collocata al di sotto del transetto, come tutta la cattedrale venne rivisitata in chiave barocca nel 1738 ad opera dell’architetto Domenico Antonio Vaccaro su commissione dell’Arcivescovo Muzio Gaeta. Oggi è l’unica testimonianza di quella fase settecentesca essendo scampata alla radicale spoliazione che l’edificio subì a partire dai primi del novecento quando ne fu ripristinata la presunta immagine medievale. La cripta è divisa in trentasei campate quadrangolari, con voltine a crociera, definite da ventiquattro colonnine disposte su tre file, incamiciate nei rivestimenti marmorei barocchi. Le due absidi minori presentano affreschi frammentari del XIV-XV secolo. Attualmente vi sono tre altari di cui quello maggiore è dedicato a San Sabino.

Il succorpo

Il succorpo

Da una porticina collocata sulla rampa di destra che scende alla cripta, si accede alla vasta area ipogea del succorpo della Cattedrale. L’ambiente è costituito da diversi vani che si estendono per gran parte della superficie della chiesa superiore e in alcuni tratti anche all’esterno. Percorrendo le sale ipogee, restituite alla visita da qualche anno (2009) grazie ad un progetto di fruizione, è possibile fare un viaggio nel tempo fino alla città romana. Gli scavi archeologici e i restauri hanno permesso di definire in maniera più chiara la stratigrafia delle strutture, collocando cronologicamente gli episodi storici che si sono succeduti in questa area. È possibile individuare quattro fasi principali: 1) fase romana e tardoantica (I-V sec.). A questa fase appartengono due murature parallele costituite da grandi conci di calcarenite che definiscono un vano di circa 22 metri per 3, leggermente ruotate rispetto all’orientamento della chiesa attuale. Sono state ascritte a questa fase anche altre due murature minori, due vaschette, un lacerto di mosaico policromo a motivi geometrici in tessere calcaree, ciottoli e frammenti di terracotta e un breve tratto strada lastricata. (foto lastrico stradale) 2) fase tardo antica e altomedievale (V/VI-XI sec.). Presenza di una prima basilica costituita da una navata centrale absidata larga 7 metri e due navate minori di 4 metri. La chiesa ingloba un sepolcreto composto da quattro tombe a cassa in calcarenite. Nell'ambiente occidentale, tagliato dal muro di fondazione della facciata attuale della Cattedrale, è visibile una ricca pavimentazione a mosaico. Al centro di esso è raffigurato un grande cerchio, definito da un nastro a due capi che racchiude un quadrato con al centro un motivo a stuoia. Dagli angoli del quadrato si originano altri quattro quadrati più piccoli che si intrecciano, tramite un nastro arancione, con elementi circolari. Oltre il disco centrale, la pavimentazione presenta motivi a pelte, con tasselli chiari contornate da una linea di tessere arancioni. Importante per la storia della cattedrale e dell'intera città è l'iscrizione in latino in cui viene ricordato un vescovo Andrea, e il committente Timoteo, che finanzia l’opera per sciogliere un voto. Sui tre lati della pavimentazione compare una fascia ornata da animali marini e motivi floreali. Sul lato settentrionale dell'ambiente sono presenti decorazioni con motivi geometrici e cerchi che si intersecano e, verso est, brani di mosaici ad ottagoni collegati da quadrati. (foto mosaico) 3) Età moderna e contemporanea (XVI-XX sec.). È il periodo in cui si predispongono gli spazi sotterranei per la creazione di un sepolcreto. età medievale (1034-XV sec.). A questo periodo si fanno risalire i muri perimetrali e i corpo, che compongono il grande ambiente voltato a crociera e che fungono da fondazione della chiesa superiore. Degni di nota sono anche i resti di una chiesetta medievale, con lacerti di pavimento tessellato, collocata tra il succorpo e la “trulla” (vedi scheda Cattedrale). 4) Età moderna e contemporanea (XVI-XX sec.). È il periodo in cui si predispongono gli spazi sotterranei per la creazione di un sepolcreto.

Bari è una delle poche città ad avere due cattedrali e due patroni. Il 14 agosto 1785 il consiglio municipale di Bari a votazione segreta elesse San Nicola patrono della città. Le reliquie di San Sabino sarebbero state trasportate nella Cattedrale fra l’845 e l’886, in seguito al saccheggio di Canosa da parte degli Emiri saraceni di Bari. Furono poi riscoperte dall’arcivescovo Elia (fondatore anche della Basilica di San Nicola). Il culto di San Sabino, mai nato dall’iniziativa dei baresi, non è mai stato particolarmente diffuso nella città, offuscato dalla maggior fama di San Nicola.
Sabino, nato nel 461 a Canosa (centro urbano a circa 50 km a nord di Bari) era poi divenuto vescovo della stessa città a 53 anni. Vissuto ai tempi di Teodorico, re dei Goti, e di Totila, fu impegnato nella protezione della città e della diocesi di Canosa durante le guerre gotico-bizantine. Morì all’età di 105 anni, il 9 febbraio 566, dando origine alle vicissitudini delle sue reliquie, che coinvolsero la cattedrale di Bari e la città. Deposte una prima volta nella chiesa paleocristiana canosina, perdute e ritrovate in ben due occasioni, vennero collocate nella cattedrale della sua città. Tra l’845 e l’886, epoca della spoliazione di Canosa ad opera di invasori saraceni, il vescovo Angelasio le avrebbe traslate a Bari. Furono poi ritrovate dall’abate Elia nel 1091 nella Cattedrale dove furono lasciate. Recente ricognizione del luogo della loro sepoltura ha portato alla luce una parte cospicua delle reliquie insieme a quelle dei vescovi canosini Memore e Rufino (N. Lavermicocca). I canosini ritengono invece che le ossa del santo siano sotto il pavimento della cripta della loro cattedrale dove furono deposte dal vescovo Pietro.
Nella cripta del duomo di Bari, è visibile l’icona della Madonna di Costantinopoli: è un’immagine di stretta cultura bizantina opera di Polvisino da Putignano, risalente alla metà del Cinquecento e ispirata a una precedente icona di Odegitria. Giunse da Costantinopoli a Bari nel 733, dopo l’editto di Leone III imperatore iconoclasta. La festa della Madonna Odegitria ricorre nello stesso giorno (il primo martedì di marzo) tanto a Istanbul che a Bari a testimonianza dell’antico legame tra Bari e Bisanzio. Ulteriore testimonianza della tradizione bizantina di Bari, città dalla forte valenza ecumenica tra Oriente e Occidente, è la festa di San Giovanni: è tradizione incontrarsi in cattedrale allorquando i raggi del sole, attraversando le trine del rosone della facciata illuminano il centro del pavimento della chiesa dedicata a San Sabino dando vita alla “Festa della luce”.


Come raggiungere la città
airport AEREOPORTO  

Dall’aeroporto internazionale Karol Woityla di Bari prendere Viale Enzo Ferrari in direzione di Strada Provinciale 204/Viale Gabriele d'Annunzio/SP204. Prendi Viale Europa e Via Napoli in direzione di Via S. Francesco D'Assisi a Bari. Entrare in SS 16 e prendere l’uscita 4 verso Bari centro/porto. Continuare su via Napoli e poi su via San Francesco d’Assisi. Guidare in direzione di piazza Federico II di Svevia.

motorway AUTOSTRADA  

Prendere E843, Viale Giuseppe Tatarella e Sottovia Giuseppe Filippo in direzione di Via Napoli a Bari. Continuare su via Napoli e guidare in direzione piazza Federico II di Svevia.

other MEZZI  

Arrivano nelle vicinanze le linee AMTAB 3-12-12/-21-35

park PARCHEGGIO  

Piazza Massari-Piazza Federico II di Svevia-Piazza Prefettura

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